Città del Vaticano , mercoledì, 2. marzo, 2016 9:00 (ACI Stampa).
È una “agenda silenziosa”, nel senso che “non fa molto rumore” quella che Caritas Internationalis ha messo in campo per la Siria, ormai dilaniata da cinque anni di guerra che non sembra avere fine. Spiega Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis: “Si tratta di sviluppare l’educazione, oltre che i primi aiuti, e di fare campagna per la pace, di invitare tutti alla preghiera comune. E di chiedere a tutti di sollecitare i governi a trovare una soluzione politica”. Perché “la pace è il bene più prezioso e più richiesto nella Regione”. E per questo, Caritas Internationalis si è fatta promotrice di un evento il prossimo 16 marzo, presso il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra. Per non chiudere gli occhi di fronte al dramma siriano.
Di cui a volte si parla, a volte no. “Perché le guerre non destano attenzione finché non ci toccano da vicino… e in questo caso ci toccano da vicino per l’incredible flusso di migranti e il terrorismo”, risponde Michel Roy.
Caritas Internationalis è una confederazione, un ombrello per più di 160 Caritas sparse per il mondo. Michel Roy descrive la situazione in Siria. “Caritas Siria è una struttura piccola, e ha poche possibilità di penetrare nel territorio nelle condizioni attuali. Riesce a lavorare solo nelle grandi città: Aleppo, Homs, Damasco, Tartus, Hassakah”. Il lavoro di Caritas è dedicato in primo luogo alle emergenze di base, ovvero a fornire cibo, ad aiutare con i vestiti e con il riscaldamento, specialmente in inverno. “Ma – sottolinea Michel Roy - è importantissimo anche il supporto psico-sociale, per aiutare le persone a superare i traumi derivanti dalla guerra. E troviamo ancora più importante lavorare sull’educazione, favorire la partecipazione alla vita scolastica”.
Non è semplice. “Le persone vivono nell’incertezza. Speriamo che questa tregua possa restituire un po’ di tranquillità, che porti ad un cessate il fuoco più esteso e duraturo. Anche i vescovi, i sacerdoti, vivono ogni giorno questa tensione. Non sai mai se cade una bomba, non puoi mai dormire tranquillo”. E per questo il bene più prezioso, quello più richiesto dalla popolazione, è “la pace”. “Noi invitiamo alla preghiera, e poi invitiamo tutti i cittadini a rivolgersi ai governi, a chiedere con forza una soluzione politica. Perché in fondo non si tratta solo di una guerra locale, è una guerra regionale, se non internazionale. Non si supera con l’accordo di due potenze, si deve superare con un impegno da parte di tutti”.
Intanto, tutte le Caritas locali si stanno impegnando per accogliere i rifugiati. “La situazione è molto difficile in Libano, dove ci sono 2 milioni di rifugiati, quando la popolazione conta 4 milioni di persone. Ma anche la Giordania ha dovuto fare i conti con una ondata di rifugiati, che ha messo molta pressione alla società. Anche Caritas Turchia ha dovuto affrontare l’emergenza, pur essendo una struttura piccola”, racconta Michel Roy.