Città del Vaticano , lunedì, 20. marzo, 2017 14:00 (ACI Stampa).
È stato solo lo scorso 20 novembre che la Chiesa Cattolica ha chiesto ufficialmente scusa per il suo ruolo nel genocidio in Rwanda. La dichiarazione è arrivata in coincidenza con la conclusione del Giubileo della Misericordia, voluto da papa Francesco. Ma il governo rwandese voleva di più. La questione è stata sul tavolo dell'incontro tra il presidente Kagame e Papa Francesco, il quale ha “rinnovato l'implorazione di perdono a Dio per i peccati e le mancanze della Chiesa e dei suoi membri, tra i quali sacerdoti, religiosi e religiose che hanno ceduto all'odio e alla violenza, tradendo la propria missione evangelica”.
Avvenuto nel 1994, il genocidio fu messo in atto dai membri della maggioranza etnica hutu, che uccisero sistematicamente membri delle minoranze Tutsi e Hutu moderati. Il bilancio fu di 800 mila morti in soli 100 giorni. La ragione del genocidio fu una rappresaglia per l’assassinio del presidente ruandese Juvénal Habyarimana.
Diversi sacerdoti cattolici sono stati incriminati da tribunali internazionali per i crimini commessi durante il genocidio, ma – fino allo scorso novembre – la Chiesa non aveva mai riconosciuto il ruolo formale nel genocidio. Molte delle persone furono infatti uccise nelle chiese, in seguito a delazioni.
Oltre al fatto che i religiosi sono stati condannati per coinvolgimento negli omicidi, lo Stato accusa la Chiesa cattolica di aver partecipato alla creazione dell'ideologia coloniale che ha creato una spaccatura tra Hutu e Tutsi, che in ultima analisi, ha portato al genocidio.
Con la dichiarazione del 20 novembre, letta in tutte le parrocchie, i vescovi ruandesi hanno così deciso di prendersi le proprie responsabilità, sottolineando nel comunicato che i sacerdoti avevano violato il loro “giuramento di fedeltà ai comandamenti di Dio”.