Roma , sabato, 18. giugno, 2016 19:42 (ACI Stampa).
Un Papa Francesco che ha vissuto (e vive) dubbi di fede; che invita alla testimonianza, che non è solo il martirio del sangue; che chiede di fare figli, educarli; che invita i giovani a rischiare. Così si presenta il Papa nella visita a Villa Nazareth, di fronte a circa 1300 tra studenti ed ex studenti che sono accorsi per salutare il Papa, il quarto che è venuto a trovare il collegio voluto dal Cardinal Domenico Tardini, portato avanti dalla tenacia del Cardinal Achille Silvestrini e oggi curato dalla vicepresidenza attenta di monsignor Claudio Maria Celli.
Dopo la meditazione sulla parabola del buon Samaritano nella cappella dedicata alla Sacra Famiglia, una breve visita nella galleria dove le foto raccontano la Storia (e le storie) che sono passate per Villa Nazareth, il saluto ai dipendenti, Papa Francesco ascolta l’arcivescovo Celli ricordare ancora una volta la storia della struttura e poi risponde a sette domande dei ragazzi di Villa Nazareth, sul coraggio della scelta, la fatica della fede, la vocazione professionale, le nuove povertà, centro e periferie, le sfide della famiglia e la comunità e la missione delle comunità.
Tutto ruota intorno al concetto di testimonianza, ma la domanda, forte, è se di fronte a quello che succede nel mondo, e anche agli attacchi dei cristiani, Papa Francesco abbia mai avuto crisi di fede. Una domanda “coraggiosa”, chiosa il Papa. E poi ammette: “Tante volte io mi trovo in crisi con la fede. Alcune volte ho rimproverato anche Gesù; ‘Ma perché tu permetti questo’. E anche di dubitare… e mi è successo da ragazzo, da religioso, da prete, da vescovo, e da Papa” . Ma – aggiunge Papa Francesco – un Cristiano “che non è entrato in dubbio, che non è entrato in crisi con la fede, è un cristiano cui manca qualcosa… è un cristiano che si accontenta con un po’ di mondanità e così va avanti”.
Ai giovani il Papa chiede di avere il coraggio di rischiare. Parla di testimonianza, quella testimonianza che rende il cuore inquieto di cui aveva già parlato in cappella. Parla della “testimonianza di noi cristiani, di Gesù Cristo che è vivo, ci ha accompagnato nel dolore, è morto per noi, ma è vivo”. Ma poi fa un passo indietro: “Mi sembra troppo clericale”.
E allora parla della “testimonianza dello schiaffo” di cui hanno bisogno i giovani, lo “schiaffo che ti sveglia” e ti invita “ a non farti troppe illusioni”, e ci permette di evitare “la moda dello specchio”, che è “quel narcisismo che ci offre la cultura oggi”.