Cracovia , venerdì, 29. luglio, 2016 9:00 (ACI Stampa).
“Sono un prete cattolico”. Così aveva risposto padre Massimiliano Kolbe all’ufficiale delle SS che gli chiedeva ragione dell’essersi offerto di morire al posto di un altro prigioniero. Poche parole per spiegare il senso di una vita. Padre Kolbe comunicava l’essere cristiani con l’esempio. Ma aveva compreso il senso di doverlo proclamare a parole, aveva anticipato la nuova evangelizzazione. In una frase, “è stato un profeta dei nuovi media”.
Lo dice padre Marco Tasca, Ministro Generale dei Frati Minori Conventuali, parlando con ACI Stampa sulla visita di Papa Francesco ad Auschwitz. Nel campo di concentramento, Papa Francesco sosterà anche davanti il bunker dove padre Kolbe e i suoi compagni furono lasciati morire di fame. Ma per padre Tasca la morte è un concetto che non si applica a padre Kolbe. “Dobbiamo dire piuttosto che ha dato la vita”.
Dare uno sguardo alla vita di padre Kolbe – che Giovanni Paolo II beatificò e canonizzò - racconta di un uomo innamorato di Dio e dell’evangelizzazione. Era tornato in Europa, ma prima era stato missionario in Giappone. E in Giappone aveva fondato un monastero, a Nagasaki, che miracolosamente si salvò dai danni della bomba atomica. Un piccolo miracolo di cui si parla ancora.
“Anche in Giappone – dice padre Tasca – padre Kolbe aveva fondato una rivista. Aveva avuto l’intuizione, da sempre, che il cristianesimo dovesse essere diffuso attraverso i media. Aveva la passione per i media. E il suo sogno era quello di avere frati professionisti”.
Era tornato in Giappone – racconta padre Tasca – “perché la situazione in Europa era delicata. Tante volte lo dimentichiamo, ma veniamo da due guerre mondiali che non possono essere lette solo attraverso categorie sociologiche. C’è bisogno di categorie spirituali. E allora notiamo che la Prima Guerra Mondiale è stata combattuta in maggioranza da cristiani cattolici, la seconda da cristiani cattolici, protestanti, un po’ di ortodossi. Ma sempre cristiani. Come se la fede abbia lasciato il posto al senso di appartenenza allo Stato. Il patriottismo è una cosa importante, non voglio essere frainteso. Ma non può venire prima dell’uccisione di un fratello”.