Città del Vaticano , venerdì, 27. marzo, 2015 11:32 (ACI Stampa).
“La Curia Romana non è l’amministrazione di Bruxelles” e una Conferenza Episcopale non è una “filiale di Roma”, “le diocesi non sono filiali della Segreteria di una Conferenza episcopale o di una diocesi il cui Vescovo presiede la Conferenza Episcopale”. Di più: “La Chiesa non è un assemblea di Chiese nazionali, i cui presidenti voteranno per eleggere il loro capo a livello universale”. Ma soprattutto, “il Presidente di una Conferenza Episcopale non è altro che un moderatore tecnico, e come tale non ha alcuna autorità di insegnamento speciale”.
E’ molto deciso il prefetto Gerhard Müller, a capo del dicastero vaticano per la dottrina della fede e la disciplina dei sacramenti. In un’intervista alla rivista francese "Famille Crétienne", risponde colpo su colpo alle questioni circa una “nazionalizzazione” del magistero in tema di famiglia, paventato nei giorni scorsi dal cardinale Reinhard Marx, a capo dei Vescovi tedeschi: “è un’idea assolutamente anticattolica - spiega Müller -, che non rispetta la cattolicità della Chiesa”. Questo perché “le Conferenze episcopali hanno un’autorità su certe questioni, ma non costituisce un magistero affianco al Magistero, senza il Papa e senza la comunione con tutti i vescovi”.
Ma c’è un altro rischio, quello di “risvegliare una certa polarizzazione tra le Chiese locali e la Chiesa universale, superato nel concili Vaticano I e II”. Invece, la Curia Romana, è “il luogo in cui lavorano i cardinali, colonne della Chiesa di Roma, dove il capo è il Papa”. I Porporati “sono lì per sostenerlo nel suo ministero petrino, nel suo magistero, nel suo governo della Chiesa romana, al servizio della Chiesa universale”. Müller richiama all’ordine. La Chiesa, dopo il suo percorso di discernimento, offre una dottrina che non si può bypassare. Che, più di tutto, i vescovi hanno il dovere di applicare nelle loro diocesi perché “per la loro ordinazione e missione esercitano un vero e proprio potere spirituale affidato a loro, in unione con la Chiesa universale”. D’altronde, “noi – spiega il cardinale Müller al settimanale francese – non siamo un quasi governo, né una superorganizzazione sopra le Chiese locali, in cui i vescovi sarebbero i delegati”.
E’ secca la posizione del cardinale tedesco, quasi una nuova spiegazione dei fondamenti. Evidentemente nel percorso verso il Sinodo dei Vescovi di ottobre, quello “ordinario” dopo la tornata “straordinaria” dello scorso anno, Müller non ha digerito tante posizioni espresse più o meno velatamente.
E poi ci sono i temi del Sinodo: “Il Matrimonio è prima di tutto un sacramento, un segno efficace che comunica la grazia”. C’è un discorso, quello della “sacramentalità”, che è una sfida da riaffrontare: ecco perché “non è corretto o sufficiente presentare l’indissolubilità del matrimonio come un ideale, una legge, un valore”.