Verso il Sinodo Pan-Ortodosso
Intanto, c’è il cammino dell’ecumenismo da portare avanti. E c’è un Concilio Pan-Ortodosso che avrà luogo a giugno. Si era persino ipotizzata una presenza del Papa a Creta, forti del fatto che per un po’ Angelus e udienza generale dei giorni di giugno in cui si terrà l’incontro risultavano cancellati dal calendario della Prefettura della Casa Pontificia. Ma ora i programmi sono cambiati, gli appuntamenti cancellati sono ricomparsi. E Papa Francesco conferma che un viaggio non è in programma. Sottolinea che sarà “presente spiritualmente e con un messaggio. Mi piacerebbe andare a salutarli nel Concilio Pan-Ortodosso, sono fratelli, ma devo rispettare… so che loro vogliono invitare osservatori cattolici, e questo è un bel ponte… ma dietro gli osservatori cattolici ci sarò io, pregando (e con i migliori auguri) che gli ortodossi vadano avanti, avanti, perché sono fratelli e i loro vescovi sono vescovi come noi”.
L'incontro con Kirill. E le reazioni ucraine
Di certo, il Patriarca Kirill andrà a Creta forte dell’incontro con il Papa, atteso a lungo. “Ci siamo baciati, abbracciati, e poi un colloquio di due ore, dove abbiamo parlato come fratelli”, racconta il Papa. Che però è preoccupato di quello che ha detto “Sviatoslav”, ovvero del fatto che “tanti ucraini si sentono profondamente delusi e feriti”.
Il Papa ci tiene a ricordare di “conoscere bene Sviatoslav” perché ha lavorato con lui per quattro anni a Buenos Aires, e perché quando è stato nominato a capo della Chiesa greco-cattolica, “tornato a Buenos Aires per prendere le sue cose, mi ha regalato una icona della Madonna della tenerezza. E io ho rispetto per lui, ho familiarità, ci diamo del tu. Per questo mi è sembrato un po’ strano”.
Il Papa, insomma, era colpito del fatto che il suo amico Sviatoslav si fosse potuto esprimere con tanta durezza. Anche se l’arcivescovo Shevchuk aveva già avuto note critiche quando, a febbraio 2015, il Papa si riferì al conflitto in Ucraina definendolo “una violenza fratricida”. E lo aveva detto personalmente al Papa, durante la visita ad limina che i vescovi ucraini avevano compiuto in Vaticano il 20 febbraio 2015, due settimane dopo quelle dichiarazioni. Il Papa aveva chiarito che non si riferiva ad una guerra civile – gli ucraini lamentano l’aggressione della Russia – ma al fatto che si stava combattendo tra cristiani.
Proprio per questa amicizia, però, il Papa ci ha voluto vedere chiaro. È andato a rileggersi l’intervista che Sua Beatitudine Shevchuk ha dato al sito ufficiale della Chiesa Greco Cattolica. E ci tiene a sottolineare che la delusione degli ucraini “si trova nel penultimo paragrafo, così piccolo”, mentre “l’intervista di una pagina, o due”.
Ma – sottolinea il Papa – “Sviatoslav nella parte dogmatica si dichiara figlio della Chiesa, e in comunione con il vescovo di Roma… parla del Papa, della vicinanza del Papa, e di lui, della sua fede… la parte dogmatica è ortodossa nel buon senso della parola, cioè nel senso della dottrina cattolica”. Poi, ci sono “le idee personali”, e “tutto quello di cui parla lui è sul documento, sul fatto dell’incontro… questo è il Signore, lo Spirito va avanti”.
Le opinioni sulla dichiarazione congiunta
Ammette, il Papa, che “il documento è discutibile”. E in più “l’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenze, con tante interpretazioni”. Certo, il Papa per l’Ucraina, ha “chiesto preghiere”, mostrato “vicinanza, tante volte, sia nell’Angelus che nelle udienze del mercoledì”. Ma poi “ognuno la sua idea su questa guerra… ma chi l’ha cominciata, come si fa?”
Insomma, è difficile per il Papa dire se si tratta di una aggressione russa. E di certo non è diplomaticamente opportuno prendere una posizione su quanto accaduto. Si tratta di “un problema storico, un problema personale esistenziale di quel Paese, e parla della sofferenza”. Una sofferenza che viene riconosciuta nella dichiarazione congiunta con Kirill, secondo il Papa.
Ricorda Francesco: “Sviatoslav dice: ‘Tanti fedeli mi hanno chiamato scritto dicendo che sono profondamente delusi, traditi da Roma’. Si capisce che un popolo in quella situazione senta questo”. Il Papa ammette che il “documento è opinabile su questa questione dell’Ucraina. Ma lì si dice che si fermi la guerra, che si facciano accordi… anche io personalmente ho detto che gli accordi di Minsk vadano avanti, e che non si cancelli con il gomito quello che si è scritto con le mani”.
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L'ermeneutica del tutto
Il Papa rivendica che lui ha sempre detto di “cercare la pace”, e che ha ricevuto “ambedue i presidenti” (il presidente Putin è stato in Vaticano nel 2013 e nel 2015, il presidente ucraino Poroshenko è stato dal Papa a novembre del 2015, e lo ha invitato a visitare il Paese).
Però – sottolinea ancora Francesco – la delusione degli ucraini “non è la notizia. Se leggete tutta l’intervista vedete che ci sono cose dogmatiche serie che rimangono, c’è un desiderio di unità, di andare avanti… Ecumenico, lui (l’arcivescovo Shevchuk, ndr) è un uomo ecumenico”.
E poi il Papa rivela che l’arcivescovo Shevchuk gli ha anche scritto “quando si è saputo del viaggio e dell’incontro, ma come un fratello, dando la sua opinione di fratello”. E il documento al Papa comunque “non dispiace, nel senso che dobbiamo rispettare le cose che ognuno ha libertà di pensare e sotto quella situazione troppo difficile”.
Ma Papa Francesco ricorda l’impegno della Chiesa, sottolinea che il nunzio (attualmente l’arcivescovo Claudio Gugerotti, ndr) “è sulla frontiera dove si lotta, aiutando i soldati e i feriti… la Chiesa di Roma ha inviato tanto aiuto, e sempre ha chiesto pace, accordi… questo è l’insieme. Non ci si deve spaventare di quella frase”.
Il Papa lo vede come “una lezione che una notizia che si deve interpretare con l’ermeneutica del tutto e non della parte”.