L'arcivescovo Auza ha ribadito la totale disponibilità della Santa Sede a fare da mediatore, ha ricordato gli incontri per il dialogo che non hanno avuto risposte soddisfacenti dalle parti in causa, e messo ancora una volta in luce i quattro punti necessari per una soluzione alla crisi delineati dalla Segreteria di Stato in una lettera del Cardinale Parolin. I quattro punti sono: accesso per gli aiuti umanitari, per portare cibo e medicinali ad una popolazione stremata; la calendarizzazione di libere elezioni che permettano ai venezuelani di decidere del loro futuro; di restituire legittimità all'Assemblea nazionale; e di liberare i detenuti politici.
La vera nota di novità riguarda il fatto che in Venezuela sono attaccate le chiese. "Si sono verificati - afferma l'Osservatore - episodi di minacce ai sacerdoti, irruzione violente durante le celebrazioni liturgiche, accuse ingiustificate contro le istituzioni ecclesiastiche e attacchi diffamatori pubblici contro alcuni vescovi".
La Santa Sede: cinque punti per il Congo
La viva preoccupazione della Santa Sede per la situazione in Congo è stata espressa dall’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra.
In un intervento alla 35esima sessione dei diritti umani, l’Osservatore ha delineato i 5 punti fondamentali per creare condizioni di pace in Congo: stabilire un cessate il fuoco che garantisca una fine alla violenza e prevenga il traffico delle armi; affermi il dovere di proteggere e rispettare i civili e quanti sono impegnati nell’aiuto umanitario; di promuovere sforzi trasparenti ed efficienti per la conciliazione e assicurare una mediazione del conflitto che stabilisca a processi democratici monitorati in modo da includere tutta la popolazione; e infine di creare condizioni che permettano il ritorno sicuro dei rifugiati nel Kasai.
La Santa Sede a Ginevra: il filo rosso della solidarietà
Dal 6 giugno al 19 giugno, la Santa Sede è intervenuta quattro volte alle Nazioni Unite: tre volte alla Sessione dei Diritti Umani, una ai dibattiti sul global compact sull’immigrazione. Il filo rosso degli interventi è quello della solidarietà.
Intervenendo lo scorso 6 giugno con l’Esperto Indipendente ONU sulla solidarietà, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanetne della Santa Sede, ha messo in luce che “la solidarietà non si oppone alla sovranità”, ma piuttosto permette “una più profonda comprensione del concetto di sovranità come espressione della libertà del popolo”, in quanto “non solo un dovere, ma un valore che viene dal principio della fraternità umana”.
Il tema della solidarietà è stato sottolineato di nuovo alla 35esima sessione del Consiglio per i Diritti Umani, l’8 giugno, quando l’Osservatore ha messo in luce come la Santa Sede abbia sempre “sottolineato il valore fondamentale della solidarietà”, e ha chiesto che sia articolata come “sussidiarietà a livello nazionale”, mentre a livello internazionale “necessita di un maggiore impegno nella cooperazione internazionale”.
L’attenzione è sempre per i più vulnerabili. Parlando di minori non accompagnati il 9 giugno, Jurkovic ha messo in luce la tremenda situazione di quelli soggetti a traffico di esseri umani, e ha chiesto che i bambini migranti non siano puniti per il loro status di migrante e di non detenerli in strutture di accoglienza. I bambini “non sono pienamente responsabili della situazione in cui si trovano”.
Il 12 giugno si è parlato dei bambini con disabilità psicofisiche, e la Santa Sede ha chiesto che, insieme alle cure bio-mediche, siano portate anche avanti cure spirituali, perché “la cura spirituale non deve essere confusa con la guarigione grazie alla fede”, e non esclude le cure mediche.
Infine, il 19 giugno, è stato padre Michael Czerny, Sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Integrale, a prendere la parola per parlare di immigrazione e a chiedere che tutti siano uniti nel prevenire i trafficanti di esseri umani dall’approfittarsi di persone in situazioni disperate e vulnerabili”, perché questi network criminali sono “un affronto alla dignità umana”. E per questo, la Santa Sede chiede maggiori possibilità legali per migranti, richiedenti asilo e rifugiati.
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Dalla Russia: il Cardinale Parolin incontrerà Putin
Ci sarà un incontro tra il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e il presidente russo Vladimir Putin in agosto, ha detto lo stesso cardinale a margine di una conferenza. Il capo della diplomazia vaticana sarà a Mosca ad agosto, e si stanno mettendo in agenda una serie di appuntamenti, tra cui uno ad altissimo livello con i vertici del Patriarcato ortodosso di Mosca e uno, appunto, con il presidente Vladimir Putin.
Da quando c’è stato l’incontro tra Papa Francesco e Kirill a Cuba, si guarda alla Russia con ancora maggiore attenzione. L’arrivo delle reliquie di San Nicola in Russia ha rinsaldato i rapporti. E intanto la Russia continua il percorso per lasciarsi alle spalle la mentalità sovietica.
Così, il 14 giugno scorso il ministero della Giustizia ha approvato il grado accademico degli studi teologici. Secondo il decreto, la teologia non sarà più considerata soltanto un ramo della storia e della filosofia, ma un indirizzo specifico, con la possibilità di rilasciare titoli di specializzazione e dottorato. Al momento, i programmi di teologia sono seguiti da 4500 persone, ma solo nel 2015, grazie ad un intervento del Patriarca Kirill, la teologia era stata riconosciuta come disciplina scientifica dalla Commissione Superiore per le attestazioni.
Quest’ultimo riconoscimento è una grande vittoria di Kirill, che sin da quando ha iniziato il Patriarcato ha battuto il tasto della partecipazione della cultura cristiana al processo formativo pubblico.
Sempre in Russia, si è tenuto per due giorni un convegno sul tema L’Ostpolitik Vatican. L’Unione Sovietica e la Chiesa Ortodossa in Russia, durante il quale si sono confrontati 12 storici russi e 11 storici inviati dal Vaticano. Con questo convegno, proseguono i lavori degli storici delle due parti sul tema, iniziato negli Novanta. Ma gli scambi culturali si erano un po’ fermati nel 2002, quando fu espulso un vescovo e diversi missionari cattolici dalla Russia, con l’accusa di proselitismo e di concorrenza sleale in favore degli uniati ucraini. E anche il dibattito teologico ha avuto un brusco freno, specialmente perché i russi rifiutano qualunque tipo di ricerca sulla Chiesa antica.