Città del Vaticano , domenica, 23. agosto, 2015 9:30 (ACI Stampa).
Cinquant’anni dopo il primo il quarto Papa parla alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Non che l’ ONU abbia mai di fatto ascoltato molto la voce della Santa Sede, che pure è osservatore permanente. Giovanni Paolo II ha parlato due volte alla assemblea di New York e specialmente nel 1995 è arrivato al Palazzo di Vetro con la richiesta forte di un cambiamento, di una riforma profonda di una istituzione che ormai ha bisogno di aprire le finestre e far entrare l'aria della realtà.
La crisi c’è da anni ormai e si vede nelle difficoltà ad affrontare le questioni più pressanti dell’umanità. Al Palazzo di Vetro le poltrone e le idee sono fuori moda. Quando Giovanni Paolo II propose la formula della “famiglia di nazioni” per qualche tempo il sogno di una struttura per “lavorare insieme” sembrava realistico. Giovanni Paolo II definì l’ ONU un “grande amico”, ma fu lui a battere sul tempo le Nazioni Unite in fatto di giovani ad esempio istituendo la GMG mentre a New York discutevano di una giornata dedicata a loro.
Paolo VI, il primo Papa a raggiungere New York, dal pulpito dell’ Assemblea generale pronunciò con forza quel “ mai più la guerra” che diventò un riferimento. “Non più la guerra- disse- Non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità! ”
Era il 1965 e il Papa di Roma diceva alle nazioni ricche come a quelle povere: “non si tratta soltanto di nutrire gli affamati”, bisogna assicurare la piena dignità dell’uomo, nei suoi diritti inalienabili che presuppongono la sacralità della vita.
Un tema che riprese Giovanni Paolo II nel 1995, dopo la caduta del muro, in un mondo cambiato e assillato sempre dalla sete di “sviluppo” nel senso di guadagno e non certo di diritti e di libertà. E che genere di libertà: “La libertà - disse il Papa polacco- non è semplicemente assenza di tirannia o di oppressione, né è licenza di fare tutto ciò che si vuole. La libertà possiede una "logica" interna che la qualifica e la nobilita: essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nell'attuazione della verità. Staccata dalla verità della persona umana, essa scade, nella vita individuale, in licenza e, nella vita politica, nell'arbitrio dei più forti e in arroganza del potere. Perciò, lungi dall'essere una limitazione o una minaccia alla libertà, il riferimento alla verità sull'uomo, - verità universalmente conoscibile attraverso la legge morale inscritta nel cuore di ciascuno - è, in realtà, la garanzia del futuro della libertà.”