Città del Vaticano , lunedì, 26. giugno, 2017 10:00 (ACI Stampa).
Sono arrivati in 5 mila, e hanno celebrato nell’altare della confessione. Per i 150 anni della canonizzazione di San Giosafat, sepolto in Vaticano, i pellegrini della Chiesa greco-cattolica ucraina hanno riempito la Basilica di San Pietro e vi hanno celebrato la Divina Liturgia.
Il luogo della celebrazione ha un significato preciso. La Confessione è il luogo che accoglie la tomba di San Pietro, e il termine confessione esprime l’affermazione di una verità fino alla morte. Di fatto, è l’altare dove celebra il Papa, quando celebra in Basilica.
Con questo gesto, il Papa dà al martirio di San Giosafat una portata simbolica che prosegue ancora oggi. San Giosafat assistette infatti alle lotte tra uniati e ortodossi separati, si orientò presto per la Chiesa unita, fu ucciso a causa di questo lavoro in favore dell’unità, e il suo corpo fu portato a fianco a quello di San Pietro il 22 novembre 1963, proprio mentre l’assise del Concilio Vaticano II discuteva di ecumenismo.
Nella sua omelia - densa di riferimenti ai grandi dell'Ucraina, dal grande bardo Taras Ševčenko al venerabile metropolita Andrea Šeptytsky - l’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco-cattolica ucraina ha ricordato l’invito di Gesù ad essere tutti uno, ispirati da San Giosafat che “con il suo desiderio di unità ha ispirato i cuori di tutti i cristiani in Ucraina”.
Non a caso, c’è stato il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, a partecipare alla Divina Liturgia, così come l'arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.