Milano , giovedì, 20. ottobre, 2016 14:00 (ACI Stampa).
Rifiuta la distinzione tra “teologi progressisti” e “teologi conservatori”, perché esistono solo “teologi veri e non teologi”. Conferma il suo amore assoluto per Tommaso d’Aquino, e sottolinea che sì, è possibile la ricerca scientifica su Dio, perché questo non esaurisce il mistero di Dio. E si sente vicino a Benedetto XVI per la metodologia teologica. Inos Biffi si racconta in una intervista con ACI Stampa. Teologo di fama internazionale, ha vinto insieme a Ioannis Kourempeles quello che viene chiamato il “Nobel per la Teologia”, ovvero il Premio Ratzinger.
Il premio è intitolato a Joseph Ratzinger. In cosa si sente vicino ai lavori teologici del Papa emerito? E quale ritiene sia il contributo piu grande he il Papa emerito ha dato al pensiero teologico?
Ogni teologo ha la sua storia e il suo timbro proprio. Penserei che a legarmi al teologo Ratzinger sia anzitutto una vicinanza o meglio una identità di metodo e perciò una continua e appassionata attenzione alla Parola di Dio, qual è vissuta e tramandata nella Chiesa, in una deliberata indifferenza alle mode effimere e ai gusti del giorno; e di conseguenza nella ricerca di una teologia sia non tanto attuale quanto vera.
Perché oggi è ancora importante fare teologia?
La teologia oggi ancora e come sempre è importante, quando se ne comprenda la natura, che è quella di pensare la fede, e quindi di accogliere la Parola di Dio con lucidità e con amore; una teologia, quindi, che gemma dalla stessa fede, che ne rimane la radice e l'alimento. Una teologia, di conseguenza, che non solo non si sostituisce alla fede, ma matura su di essa. Con la cura, inoltre, che questo avvenga in comunione con la Chiesa e con la sua viva Tradizione, la quale trasmette la stessa Parola con tutte le risorse di quanti nel corso della storia l'hanno accolta, pensata, vissuta e attestata per la grazia dello Spirito di Verità, effuso da Cristo sulla sua Chiesa.