Città del Vaticano , lunedì, 4. dicembre, 2017 9:00 (ACI Stampa).
Il viaggio rimarrà certo nel flusso mediatico per l’incontro del Papa con i rappresentanti dei Rohingya, ma per il mondo cattolico, per le piccole comunità di Myanmar e Bangladesh la visita del Papa è stata certamente un evento significativo.
In Birmania, oggi Myanmar per scelta politica, la Chiesa cattolica è piccolissima e frutto dei tanti santi missionari che hanno dato la vita per il Vangelo.
Quello che il Papa ha detto nelle celebrazioni eucaristiche inizia con l’idea di guarigione da quelle ferite, visibili e invisibili, dovute alla dittatura. E del resto ancora non si può parlare di democrazia in Myanmar e di una vera libertà religiosa.
Anche le etnica cristiane hanno sofferto e soffrono per la violenza subita. “La tentazione - ha detto il Papa - è di rispondere a queste lesioni con una sapienza mondana” e che “la cura possa venire dalla rabbia e dalla vendetta. Tuttavia la via della vendetta non è la via di Gesù. La via di Gesù è radicalmente differente”. E per questo “Gesù rende capace ciascuno di noi di essere segno della sua sapienza, che trionfa sulla sapienza di questo mondo, e della sua misericordia, che dà sollievo anche alle ferite più dolorose”.
Ecco il senso del viaggio del Papa. Ed ecco quello che vuole dire ai giovani, in Myanmar : “Vorrei che la gente sapesse che voi, giovani uomini e donne del Myanmar, non avete paura di credere nel buon annuncio della misericordia di Dio, perché esso ha un nome e un volto: Gesù Cristo. In quanto messaggeri di questo lieto annuncio, siete pronti a recare una parola di speranza alla Chiesa, al vostro Paese, al mondo. Siete pronti a recare il lieto annuncio ai fratelli e alle sorelle che soffrono e hanno bisogno delle vostre preghiere e della vostra solidarietà, ma anche della vostra passione per i diritti umani, per la giustizia e per la crescita di quello che Gesù dona: amore e pace”.