Advertisement

Il Patriarca Bartolomeo saluta la Puglia. “Abbiamo un’arma invincibile”

Patriarca Bartolomeo a Bari | Il Patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo di Bari Cacucci durante la celebrazione nella Cattedrale di Bari, 6 dicembre 2016 | Diocesi di Bari - Bitonto Patriarca Bartolomeo a Bari | Il Patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo di Bari Cacucci durante la celebrazione nella Cattedrale di Bari, 6 dicembre 2016 | Diocesi di Bari - Bitonto

Lascia la Puglia ricordando l’arma comune di tutti i cristiani, il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. “Un’arma forte, un’arma di pace, un’arma invincibile, che è la preghiera”. Un’arma con cui combattere le ingiustizie del mondo, dalla mercificazione degli esseri umani al depauperamento delle risorse naturali. Un’arma comune, per un grido comune: quello che ha lanciato con Papa Francesco all’Isola di Lesbo “verso tutti i potenti della terra, verso coloro che hanno in mano le sorti dell’umanità”.

Nel giorno di San Nicola, presenziando alla Messa nella Cattedrale di Bari presieduta dall’arcivescovo Cacucci, il Patriarca Bartolomeo termina i suoi cinque giorni in Puglia. Un viaggio di comunione e unità, in una terra – dice lui – “dalla vocazione ecumenica ed ospitale”. E i cristiani, uniti, non sono “indifferenti al grido di dolore” di quanti vengono accolti.

Una terra in cui – ricorda il Patriarca Bartolomeo – “nel passato trovarono rifugio i cristiani perseguitati a seguito di invasioni straniere, a guerre fratricide e conseguenti carestie che si affacciano sull’altro versante del mare”. Migranti che “vennero accolti e si integrarono con l’allora tessuto sociale, anche mantenendo le tradizioni delle loro terre di origine, arricchendo nel contempo la nuova patria”.

Ed è vero: la Puglia è davvero il luogo in cui Oriente e Occidente si incontrano, in cui c’è un buon numero di cristiani cattolici di rito orientale, ma anche di ortodossi. Dove le iscrizioni bizantine nel Salento e le tradizioni “griche” si accompagnano alle grandi chiese romaniche e ai percorsi barocchi di Lecce. Testimonianze di una storia comune che il Patriarca Bartolomeo ha toccato con mano in questi giorni.

La Puglia, però, non è solo passato. Il Patriarca ricorda che “anche in un passato molto recente, questa terra ha saputo essere terra di accoglienza per quelle genti che fuggivano da Paesi totalitari, in cui non era possibile essere discepoli di Cristo”. Una terra che “non ha mai chiuso le sue porte” nonostante le difficoltà, non rimanendo “indifferente al grido di aiuto di tanti fratelli e sorelle nel bisogno”.

Advertisement

Eppure – sottolinea Bartolomeo – “ancora una volta, il Mare Mediterraneo, mare di cultura, mare di solidarietà, mare di collaborazione, è divenuto mare di ondate di profughi e migranti da ogni dove”.

È un grido di dolore cui i cristiani “non possono rimanere indifferenti”. E punta il dito contro “lo scandalo della mercificazione dell’essere umano, del fondamentalismo religioso che pretende di agire nel nome di Dio, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del depauperamento delle risorse naturali a vantaggio di pochi e a svantaggio di molti, soprattutto i più poveri”.

Serve allora, l’arma della preghiera. Ed è la preghiera che Bartolomeo ha pronunciato nella Cattedrale di Bari, presenziando alla Messa, verso il “Santo dell’Unità”, San Nicola, perché “i santi continuano ad essere con la loro preghiera un legame tra le cose di lassù e le cose di quaggiù”.

“San Nicola – conclude il Patriarca – è “il Santo di tutti, il Santo che non conosce confini di nazionalità, cultura, confessione religiosa”, la cui icona è “la più onorata” dopo quella di Cristo e della Vergine”, un santo amato per non per i documenti perché “vescovo del suo popolo, che ha vissuto la verità della fede, nella sua battaglia contro la eresia ariana del suo tempo, ma anche vescovo giusto della sua Chiesa”.

Bartolomeo ne traccia il ritratto di un “difensore dei poveri e giudice implacabile di fronte alle ingiustizie dei potenti e ferreo combattente del peccato”, ma anche “uomo mite, pieno di continenza, pronto al perdono”. E soprattutto, “pieno di compassione per la debolezza dei fedeli che iniziava a manifestarsi con la libertà della fede cristiana a seguito dell’editto di Milano”.