Città del Vaticano , giovedì, 24. novembre, 2016 9:00 (ACI Stampa).
La cristianità in Medio Oriente ha un futuro? Se lo è chiesto il Patriarca armeno Aram I, del Catholicossato della Grande Casa di Cilicia, in un intervento denso di passione alla conferenza “Damasco, prisma di speranza” che ha celebrato i 100 anni dalla Fondazione del Pontificio Istituto Orientale. E sulla piaga dell’estremismo che devasta anche il territorio sotto la sua giurisdizione (in gran parte nelle “zone calde”) sottolinea con forza: “Non basta la denuncia. Serve un impegno comune”.
Come si può affrontare il radicalismo religioso che imperversa?
Dobbiamo affrontare questi problemi con un senso di comune responsabilità. L’estremismo ha creato una situazione difficile non solo per noi, ma anche per i musulmani. È un male globale. In termini di aspettative, i nostri leaders dovrebbero fare una dichiarazione di condanna comune, che unisca leader musulmani con leader cristiani.
Lei pensa che i leaders islamici non facciano abbastanza per condannare il terrorismo?
Certo che ci sono leaders islamici che condannano l’estremismo e il terrorismo. Ma la nostra aspettativa è che si vada oltre la condanna. Che si ragioni su come giungere ad una strategia comune per combattere il terrorismo. Il terrorismo non è solo un problema che colpisce i cristiani. Colpisce tutte le religioni, tutti gli esseri umani. E non è un problema che riguarda solo il Medio Oriente. Si tratta di un problema globale. Per questo, c’è bisogno di una strategia comune: perché il terrorismo è un male comune di questo mondo.