Città del Vaticano , domenica, 3. dicembre, 2017 0:05 (ACI Stampa).
Papa Francesco è arrivato a Roma di rientro dal suo viaggio in Myanmar e Bangladesh circa alle 21.35 di sabato sera.
All’inizio del volo appuntamento consueto per la conferenza stampa sui temi più significativi a cominciare dal tema più mediatico la crisi del Rohingya e la decisione di usa re pubblicamente il loro nome: “Non era la prima volta, lo avevo detto già pubblicamente nella Piazza di San Pietro, in un angelus, in una udienza…e già si sapeva quello che io pensavo su questa cosa” ha detto. Ed ha proseguito: “per me la cosa più importante che il messaggio arrivi e per questo cercare di dire le cose, passo a passo, e ascoltare le risposte affinché arrivi il messaggio. Un esempio della vita quotidiana, un ragazzo, una ragazza nella crisi dell’adolescenza può dire quello che pensa ma buttando la porta al naso all’altro..e il messaggio non arriva si chiude. A me interessa che questo messaggio arrivasse, per questo ho visto che se nel discorso ufficiale avessi detto quella parola davo la porta al naso, ma ho descritto, le situazioni, i diritti, nessuno escluso, la cittadinanza, per permettermi nei colloqui privati di andar oltre. Io sono rimasto molto molto soddisfatto dei colloqui che ho potuto avere, perché è vero non ho avuto il piacere di buttare la porta al naso, pubblicamente una denuncia, ma ho avuto la soddisfazione di dialogare e far parlare l’altro, e dire la mia e così ilo messaggio è arrivato e a tal punto è arrivato che ha continuato che è finito ieri… con quello. E questo è molto importante nella comunicazione, la preoccupazione che il messaggio arrivi. Tante volte denunce, anche nei media, ma non voglio offendere ma con qualche aggressività chiudono la porta e il messaggio non arriva, e voi che siete specialisti nel fare arrivare dei messaggi per me capite bene questo.
Poi cosa ho sentito ieri. Questo non era programmato così, io sapevo che avrei incontrato i Rohingya, non sapevo dove e come, ma questa era la condizione del viaggio che si preparavano, dopo tante gestioni anche con il governo, con la Caritas… il governo ha permesso questo viaggio, di questi che sono venuti ieri. Perché il problema per il governo che li protegge e gli da ospitalità, e questo è grande…quello che fa il Bangladesh per loro è grande, un esempio di accoglienza, paese piccolo, povero che ha ricevuto 700mila, io penso a paesi che chiudono le porte, dobbiamo essere grati per l’esempio che ci hanno dato. Il governo deve muoversi, perché i rapporti internazionali con il Myanmar, con permessi, dialogo, perché sono in un campo di rifugiati, sono in uno stato speciale di rifugiati, ma alla fine sono venuti spaventati, non sapevano. Qualcuno lì gli avevano detto voi salutate al Papa non dire nulla, così qualcuno che non era del governo del Bangladesh, gente che si occupava…. A un certo punto dopo il dialogo interreligioso, la preghiera interreligiosa, questo ha preparato il cuore di tutti noi…, eravamo religiosamente molto aperti, io almeno mi sentivo così, è arrivato il momento che loro venissero per salutarmi, in fila indiana, e quello non mi è piaciuto. Uno, l’altro ma poi subito volevano cacciarli via dalla scena e io lì mi sono arrabbiato e ho sgridato un po', sono peccatore, gli ho detto tante volte la parola rispetto, rispetto, fermatevi e loro sono rimasti lì. Poi di averli sentito uno a uno con l’interprete che parlava nella loro lingua, io cominciai a sentire cose dentro, ma non posso lasciarli andare senza dirgli una parola, ho chiesto il microfono. E cominciai a parlare. Non ricordo cosa ho detto, so che a un certo punto ho chiesto perdono, per due volte. Non ricordo. La sua domanda è cosa ho sentito. In quel momento io piangevo, cercavo che non si vedesse, loro piangevano pure. E poi ho pensato che eravamo in un incontro interreligioso e i leader delle altre tradizioni religiose erano là…No venite voi anche, Questi erano i Rohingya di tutti noi. Loro hanno salutato i Rohingya e io non sapevo cosa dire di più, li guardavo, li salutavo, e ho pensato tutti noi abbiamo parlato, i leader religiosi, ma uno di voi che faccia una preghiera, e quello che credo era u n imam o diciamo un chierico tra virgolette della loro religione, che ha fatto quella preghiera. Anche loro hanno pregato, e visto tutto il trascorso e tutto il cammino ho sentito che il messaggio è arrivato. Non so se ho soddisfatto la sua domanda. Parte era programmato, ma la gran parte è uscita spontaneamente. Poi oggi è stato fatto di un programma di uno di voi,...e una riflessione che il messaggio è arrivato non solo qui. Voi avete visto oggi le copertine dei giornali, tutti hanno recepito il messaggio, e io non ho sentito alcuna critica. Forse ci sia ma non l’ha sentita
Il Papa ha poi risposto ad un giornalista indiano che chiedeva quando ci sarà un viaggio in India:
“ Il primo piano era andare in India e Bangladesh ma poi le trattative per andare in India sono ritardate e il tempo premeva ho scelto questi due paesi, Bangladesh e accanto Mynamar. Ed è stato provvidenziale perché visitare l’India ci vuole un solo viaggio. Perché devi andare al sud, al centro, al nord e per le diverse culture e spero di poter farlo nel 18 se vivo! Ma l’idea era India e Bangladesh, poi il tempo ci ha costretto a fare questa scelta”.