Iskenderun , lunedì, 30. novembre, 2015 16:30 (ACI Stampa).
Il nuovo Vicario Apostolico di Anatolia, in Turchia, ha il volto di un padre gesuita che già nel 1984 aveva chiesto di poter andare missionario in Turchia. Così, quando il vescovo Paolo Bizzeti, gesuita, è entrato il 29 novembre nella cattedrale di Iskenderun, a buona ragione ha potuto dire che è andato “con l’idea di fare un contro-esodo”, perché “mentre molti sognano di andare in Europa” lui propone a tutti di rimanere, e magari creare un modello peculiare turco.
Sono infatti molti a lasciare non solo la Turchia, ma anche il Medio Oriente, e in generale tutti i posti in cui i cristiani sono una minoranza. La Turchia, dove le chiese non possono neanche essere viste dalle strade principali, è uno di quei posti da dove i cristiani tendono ad andare via. L’Anatolia, poi, era senza vicario apostolico da cinque anni, da quando il suo predecessore, il vescovo Luigi Padovese, era stato assassinato dal suo autista: un caso che scosse la comunità cattolica turca, già colpita nel 2006 dall’assassinio di don Andrea Santoro.
Non è un caso che il nuovo vescovo prenda possesso del vicariato nel giorno che precede Sant’Andrea, festa della chiesa ortodossa. Un servizio “delicato” – lo definisce nel suo discorso al suo gregge – che il vescovo Bizzeti considera “un dono che la Chiesa occidentale fa a voi, memore dei tantissimi vescovi, presbiteri e laici di grande valore che voi avete donato alla Chiesa d’occidente”.
“Siamo un’unica Chiesa che si scambia persone - come ai tempi di Paolo di Tarso e degli altri apostoli; essi ci hanno lasciato la preziosa eredità di chiese locali e di tradizioni diverse: sono tutte sorelle e figlie della chiesa madre di Gerusalemme, di Antiochia e di tutti gli altri luoghi da cui sono partiti gli annunciatori del Vangelo per tutto il mondo”.
Per il vescovo Bizzeti, “questo tormentato Medio Oriente” è “la culla del cristianesimo, ieri come oggi”, e “come diceva sempre il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, “essere cristiani in Medioriente è una vocazione particolare, gloriosa e difficile, a volte eroica, una vocazione a favore di tutta la chiesa universale”.