Sono preoccupazioni forti, in un Paese in cui l’88 per cento delle persone si professa cattolica, e in cui la Chiesa è vista ancora come un punto di riferimento. “Il Papa ci ha detto di vigilare, e di stare attenti a questa forma di colonizzazione ideologica che si impianta direttamente nella mente dei bambini,” ha raccontato il vescovo di Purua.
Ma sono stati molti i temi messi sul tavolo nell’incontro con il Papa. Si è parlato, in particolare della pastorale per i giovani, e “il Papa ci ha detto che i giovani vanno messi in movimento, in azione. E nel lavoro, si deve dare loro testimonianza, perché è questa testimonianza che li porterà all’incontro con Dio”.
Altro tema, l’identità cattolica dei collegi e delle università, e la necessità di promuovere sempre più intensamente la grande missione continentale di Aparecida, e “ravvivarla”, con uno sguardo particolare a quella che Papa Francesco chiama “pietà popolare” come già faceva il beato Paolo VI nell’Evangelii Nuntiandi.
Il Papa poi ha dato ai vescovi peruviani due modelli da seguire: quello di San Turiibio di Mogrovejo, il leggendario vescovo di Lima che è patrono di tutti i sacerdoti latino-americani, il quale “organizzò dieci nodi diocesani, tre consigli provinciali in modo da mettere a punto l’evangelizzazione del Perù – ovvero, di tutto il Sudamerica meno il Brasile – ma è stato anche un vescovo che ha percorso 3 volte lo sterminato territorio della sua diocesi, percorrendo a piedi oltre 40 mila chilometri in 25 anni di ministero episcopale”.
Il secondo modello è stato invece quello di “San Martin de Porres – racconta il vescovo Eguren – il santo della misericordia, cui i vescovi peruviani devono guardare per essere molto caritativi, misericordiosi come pastori, con lo scopo di portare le persone a conoscere la loro dignità di figli di Dio”.
La gente, come detto, guarda ancora alla Chiesa come un punto di riferimento, ed è molto attiva. Sul tema dell’ideologia del gender, hanno manifestato con forza al governo la loro contrarietà ai nuovi curriculum scolastici, spalleggiati dai vescovi che hanno denunciato la colonizzazione ideologica. Una colonizzazione che si sperimenta anche nell’agenda anti-vita, con il tentativo continuo di introdurre una legge per permettere l’aborto quando la Costituzione peruviana, già all’articolo 2, rende impossibile qualunque aborto perché dà tutti i diritti al concepito.
Se la voce della Chiesa è ascoltata dalle persone, che pure vivono la loro fede, “i media sono più critici – racconta il vescovo Eguren – e c’è una tendenza preoccupante ad una certa intolleranza dei mezzi di comunicazione riguardo le parole dei pastori. O polemizzano in maniera diretta con quello che i pastori dicono, o semplicemente li mettono sotto silenzio”.
Certo, anche in Perù si vive l’emorragia di fedeli dalla Chiesa cattolica verso le sette.
Il vescovo Eguren dà la sua ricetta. “Dobbiamo affrontarlo – dice – prima di tutto con una migliore formazione del nostro laicato, perché il popolo peruviano è legato alla Chiesa, ma manca loro una maggiore conoscenza di cosa significa essere cattolico. E poi, ci vuole una migliore formazione permanente del clero”.
Ma la prima cellula di formazione, il primo luogo cui guardare, è la famiglia, che è “il primo seminario, la prima scuola in cui si trasmette la fede. Il futuro dell’umanità si costruisce nella famiglia, ma anche il futuro della Chiesa si costruisce la famiglia. Si dice che se abbiamo famiglie forti, avremo una società forte. Allo stesso modo, se avremo famiglie cristiane forti, avremo una Chiesa più forte”.
Insomma, tutto è legato e indispensabile: una migliore formazione del clero, una migliore formazione laicale, e una maggiore attenzione alla famiglia.
Con una convinzione: che “tutta l’America Latina è ancora terra di missione. Siamo una Chiesa totalmente missionaria”.
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