Nomadelfia , venerdì, 4. maggio, 2018 18:00 (ACI Stampa).
“Il Santo Padre verrà a riconoscere in don Zeno un grande amore alla Chiesa, che dirà ‘mi scorre nel sangue’, una grande obbedienza, una carità fondata su una grande fede e una speranza che ‘chi combatte con Cristo vince anche quando perde’.
Nomadelfia continua il suo cammino ricordando quest’anno alcune tappe della sua storia: il 14 febbraio 1948 (70 anni fa): la nascita di Nomadelfia come città nell’ex campo di concentramento di Fossoli. L’amore cristiano trasformava un campo di morte in un luogo di vita e di speranza. L’obiettivo era la creazione di una società alternativa, ripartendo dall’esempio delle prime comunità cristiane. Il 6 novembre 1968 (50 anni fa) don Zeno dava inizio all’esperienza della scuola familiare: un’esperienza educativa alternativa in sintonia con la vita della popolazione, che evitasse la competizione tra i figli e trasmettesse una visione generosa dello studio”: così Francesco Matterazzo, presidente della comunità di Nomadelfia, aveva presentato la visita che giovedì 10 maggio papa Francesco farà alla comunità nel grossetano fondata nel 1931 da don Zeno Saltini e che ospita poco più di 300 abitanti (50 famiglie e diverse persone singole).
A pochi giorni dalla visita pastorale abbiamo chiesto a Paolo Matterazzo, addetto stampa del popolo nomadelfo, di raccontarci l’attesa per la visita papale: “Nomadelfia attende l’arrivo di papa Francesco in un clima di preghiera e riconoscenza. I preparativi non ci distolgono dalla consapevolezza di stare per ricevere un grande dono. Il papa viene a farci visita a 18 anni dal riconoscimento in via definitiva della ‘costituzione di Nomadelfia’ da parte della Santa Sede. Diventando ‘maggiorenni’ confidiamo che papa Francesco venga a confermarci nella fede e ad accompagnarci in questo cambiamento d’epoca, in cui viviamo tutti”.
Nomadelfia è ‘un popolo nuovo’: a 70 anni dalla sua fondazione come si può oggi definirla?
“La novità di Nomadelfia come popolo è legata a due caratteristiche essenziali. Prima di tutto siamo un popolo di volontari: non si nasce Nomadelfi ma lo si diventa come risposta ad una vocazione. In secondo luogo è la novità del Vangelo che trasforma le relazioni umane e ci spinge sempre di più ad abbracciare la legge della fraternità che è la sostanza della nostra vita. A proposito della fraternità, san Giovanni Paolo II così si rivolse ai Nomadelfi nel 1980: ‘La regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti’”.