Tokyo , mercoledì, 6. aprile, 2016 12:00 (ACI Stampa).
L’ultimo missionario ad entrare in Giappone si chiamava Gianni Battista Sidotti (o Sidoti), ed era un sacerdote siciliano. Entro nel Paese quando già era chiuso agli stranieri e la religione cattolica era stata vietata. Non fece più ritorno. Finalmente l’autenticità dei suoi resti – ritrovati due anni fa – è stata confermata dalle autorità giapponesi. Dopo 300 anni, sono state ritrovate tracce del missionario.
Nell’anno in cui il Papa approva la beatificazione del “Samurai di Cristo” Justo Takayama, la scoperta dei resti dell’ “ultimo missionario del Paese” ha una valenza ancora più simbolica.
Non se ne sarebbe saputo niente, se non fosse stato per un manoscritto che parlava di lui scoperto circa 150 anni fa. Il manoscritto era stato redatto dal Consigliere dello Shogun, Arai Hakuseki, che lo aveva interrogato.
Don Sidotti era nato per essere missionario. Siciliano, classe 1688, si risolse ad andare in Giappone dopo aver udito voci sul martirio dei cristiani in Giappone. E così chiese il permesso a Papa Clemente XI, che lo concesse.
Partì ed arrivò a Manila, dove aspetto prima di trovare una nave che lo accompagnasse in Giappone. Ci riuscì nel 1708. Sbarcò a Yakushima, travestito da samurai. Ma non funzionò, perché aveva i tratti somatici di un siciliano. Fu subito catturato, portato a Nagasaki e quindi a Edo, dove fu interrogato appunto da Arai Hakuseki.