Città del Vaticano , venerdì, 26. maggio, 2017 18:00 (ACI Stampa).
La lotta al terrorismo, con una particolare sensibilità per la persecuzione dei cristiani, ma con lo sguardo ben puntato sulla situazione generale. Il lavoro diplomatico, necessario per aiutare le missioni sul territorio. Lo sforzo umanitario. Sono questi i tre poli sui quali si concentra la diplomazia pontificia, secondo la sintesi che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, ha fatto di fronte ai membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice lo scorso 20 maggio.
Davanti ai membri della Fondazione Pontificia, il “Ministro degli esteri vaticano” ha fornito una panoramica di tutta l’attività diplomatica della Santa Sede, a partire proprio dalla protezione dei cristiani e delle minoranze religiose in Medio Oriente.
La risposta della Santa Sede a questa emergenza – ha spiegato – è stata prima di tutto umanitaria, con la necessità di aiutare i rifugiati creati dal terrore dell’ISIS. Ed è proprio il terrorismo “la più grave minaccia ai cristiani e alla sopravvivenza del cristianesimo in Medio Oriente”.
Come la Santa Sede combatte il terrorismo? Stigmatizzandolo nei discorsi diplomatici; apprezzando quanti, da altre fedi e in particolare la fede musulmana, fanno dichiarazioni che contrastano l’uso della scusa religiosa per perpetuare violenza – e una menzione di merito è andata all’università egiziana di al Azhar; e cercando di andare alle radici del terrorismo. Per esempio, “la povertà sociale – ha detto Gallagher – è stata identificata come conduttore di terrorismo.
Poi, c’è l’attività diplomatica tout court. L’arcivescovo Gallagher ha citato varie attività: la conferenza di Parigi sulle Vittime di violenza religiosa ed etnica in Medio Oriente, che si è tenuto l’8 settembre 2015; l’evento promosso dall’Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra a margine della 34esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, che si è tenuto lo scorso 7 marzo e che aveva come tema “Mutuo Rispetto e Coesistenza Pacifica come Condizione di Pace Interreligiosa e Stabilità”; e poi, la conferenza sul futuro della Siria tenuta a Bruxelles il 5 aprile, e quella di Madrid del 24 maggio, che si è configurata come il naturale seguito della conferenza di Parigi.