L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che “la volontà politica è tuttavia necessaria per fare la responsabilità di proteggere abbastanza ampia da abbracciare la prevenzione delle tragedie degli sfollati”. Per questo, la Santa Sede sottolinea che è necessario focalizzarsi sullo sviluppo, che deve andare “fianco a fianco con l’assisetnza”, perché i rifugiati “non sono pedoni sugli scacchi dell’umanità”, ma esseri umani, e “la protezione dei diritti fondamentali di tutte le persone è la chiave per cambiare la situazione dei rifugiati e degli sfollati”.
Ritorna, dunque, il tema del dovere di proteggere, segnalato dal Cardinale Parolin sin dal suo esordio alle Nazioni Unite come Segretario di Stato nel 2014 e diventato parte della attuale linea diplomatica della Santa Sede da allora.
La Santa Sede va anche più nel dettaglio del “draft 0” e sottolinea che la bozza manca di qualsiasi “riferimento alla dimensione spiritual dei rifugiati e al diritto della libertà religiosa” nonché al bisogno “di fare più per rispettare l’unità della famiglia, diritto essenziale dei rifugiati”.
La Santa Sede ha lamentato anche l’omissione al principio di “non refoulement”, ovvero al principio di non forzare migrant e richiedenti asilo a tornare a casa. Principi che – riconosce la delegazione vaticana – sono però contenuti negli annessi al documento.
Il lavoro presso la sede ONU di New York
I negoziati sul Global Compact per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare cominceranno la prossima settimana. La missione ONU della Santa Sede a New York ha tenuto la scorsa settimana due sessioni di discussione sul tema, guidate dall’arcivescovo Auza, per sollecitare input. La prima sessione è stata tenuta con le ONG Cattoliche che si occupano di migrazioni, e la seconda con gli esperti della missione.
Guidate da Timothy Herrman, che si sta occupando del Global Compact per la Missione, i partecipanti hanno condiviso impressioni positive e negative sul “draft zero”, in vista della prima di sei sessioni di negoziato sul Compact, che avrà luogo la prossima settimana. Le sessioni di negoziato si terranno una settimana al mese per i prossimi sei mesi.
L’incontro con gli esperti è avvenuto il 13 febbraio, e Timothy Herrman ha mostrato loro i 20 punti di azione che la Sezione Migranti e Rifugiati del Vaticano ha preparato e che è nata proprio a partire dalle voci e l’esperienza di vescovi e ONG che hanno una particolare esperienza sul campo sul tema “migranti e rifugiati”.
I prossimi appuntamenti
Il prossimo 21 febbraio, la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York sponsorizzerà un evento su “Terminare la detenzione di bambini migranti e rifugiati”.
L’evento, tra i molti organizzati ogni anno dalla missione della Santa Sede, prende le mosse dalle preoccupanti cifre che riguardano migrazioni: di 258 milioni di migranti nel mondo, 50 milioni sono bambini, e 28 milioni di loro – più della metà – soggetti a sfollamento forzato, violenza e insicurezza.
A New York, si discuterà della loro situazione, a partire dai dati positivi, come la Dichiarazione di New York attraverso la quale gli Stati hanno riconosciuto la vulnerabilità dei più deboli e hanno cercato di trovare soluzioni per affrontare la pratica della detenzione di bambini rifugiati e migranti.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Obiettivo dell’incontro è quello di creare una piattaforma tra gli Stati per discutere le buone pratiche per i bambini migranti e rifugiati, con l’obiettivo di terminare interamente la pratica della detenzione dei bambini.
Si cercherà di mettere in luce l’esperienza degli Stati e della società civile nella ricezione degna di bambini migranti e rifugiati sul campo e ai confine. Tra coloro chiamati a parlare, ci saranno l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, padre Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, e monsignor Robert Vitillo, segretario generale della International Catholic Migration Commission.
Cosa ha fatto Gallagher in Azerbaijan?
Come annunciato, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, è stato in Azerbaijan per presiedere l’ordinazione episcopale del salesiano Vladimir Fekete, Prefetto Apostolico nel Paese. È stata l’occasione per una serie di incontri ad alto livello istituzionale.
Il 10 febbraio, il segretario per i Rapporti con gli Stati si è incontrato con il presidente dell’Ufficio Islamico del Caucaso, Sheikhulislam Allanshukur Pashazade. L’arcivescovo Gallagher ha notato che “l’Azerbaijan è sempre storicamente stata una terra di tolleranza” e che “le tradizioni di tolleranza religiosa nella nazione dovrebbero essere un esempio per tutte le nazioni”.
Da parte sua, Pashazade ha sottolineato che l’Azerbaijan è conosciuto per essere uno degli esempi di Stato secolare nel mondo, e messo in luce come le relazioni tra Santa Sede e Azerbaijan siano ora ai massimi livelli.