Come mai questo martirio costante è allora rimasto nascosto agli occhi del mondo?
Perché i figli del mondo concentrano l’attenzione su cose per loro più interessanti, come il denaro, gli interessi economici e politici… ma soprattutto perché chi commette dei crimini fa di tutto per nasconderlo, e lo fa ad ogni costo. E qualora venga scoperto, giustifica questi crimini con false scuse.
In che cosa i cristiani in Iraq possono dare il loro contributo?
Nonostante questa situazione di sofferenza e persecuzione, i cristiani in Iraq hanno avuto lungo tutta la loro storia – e anche oggi – un ruolo molto importante, così come importante è il contributo che hanno dato al territorio. Innanzitutto, i cristiani in Iraq danno un esempio molto concreto di come bisogna seguire il Signore Gesù, rinnegando se stessi e prendendo la loro croce e seguendolo (Mc 8,34). Inoltre, i cristiani dell’Iraq, con la loro presenza millenaria nelle terre delle nostre radici di fede, continuano a proteggere, conservare e mantenere viva la memoria fisica di questi luoghi sacri. infine, vivendo come minoranza in questi luoghi attraversati da grandi conflitti politici e militari, danno un grande esempio di come vivere la nostra fede cristiana, cercando di essere un strumento di pace e di amore in mezzo all’inferno delle guerre e odio.
E poi c’è il lavoro del dialogo…
Certamente. Quello di fare da ponte tra le diverse civiltà è un ruolo indispensabile dei cristiani iracheni, e in generale dei cristiani in Medio Oriente. Per esempio: i cristiani hanno fatto conoscere al mondo arabo la filosofia greca traducendola dal greco all’aramaico e dall’aramaico all’arabo. Ed oggi più che mai hanno questo ruolo di fare da ponte tra l’oriente e l’Occidente, grazie alla loro conoscenza del mondo arabo e musulmano da un lato e la loro fede e cultura cristiana condivisa con l’Occidente dall’altro lato. Insomma, i cristiani in Medio Oriente hanno dato e continuano a dare il loro prezioso contributo.
In cosa allora i cristiani vanno maggiormente aiutati?
Vanno maggiormente aiutati almeno nel riconoscere e garantire il diritto di esistere e vivere una vita dignitosa come figli di Dio e come esseri umani! Ma purtroppo, questo diritto non c’è! È solo grazie alla Chiesa locale e universale che i profughi cristiani perseguitati dall’autoproclamato Stato Islamico sono riusciti a sopravvivere in questi due anni! In particolare, vorrei menzionare il costante aiuto dato a questi cristiani da Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Quale è la situazione dei cattolici in Iraq? I cristiani spesso sono in campi profughi, specialmente nei dintorni di Erbil: si potrà tornare alla normalità?
“Normalità” è una parola troppo grossa. Noi cristiani iracheni non conosciamo la normalità! Non c’è una normalità cui tornare, per noi! Per raggiungere la “normalità”, sono necessarie diverse tappe: va liberato il territorio invaso dall’autoproclamato Stato Islamico; rendere di nuovo agibili le città e le zone occupate e distrutte; riconoscere i crimini contro l’umanità che sono stati perpetrati nel territorio; stabilire la giustizia e garantire la sicurezza. Creare un clima di perdono e riconciliazione. Ma soprattutto, garantire che tutto questo non si ripeta più! In breve, ci vuole un grande miracolo!
C’è un futuro per i cristiani in Iraq?
Lo vedo molto difficile, se la situazione continua così! Ma per Dio non c’è nulla di impossibile. Se i diritti umani verranno rispettati, e la libertà religiosa verrà garantita per tutti, non solo i cristiani di oggi in Iraq avranno un futuro, ma in molti si convertiranno. Così il famoso detto di Tertulliano che “il sangue dei martiri è seme di cristiani” potrà realizzarsi proprio in questa terra di persecuzione.
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Quello che sto accadendo in Iraq e Siria può essere definito genocidio?
Sono un sacerdote iracheno, e conosco bene la situazione dei cristiani in Iraq e le loro grandi sofferenze. Per quanto riguarda l’Iraq, confermo con fermezza che non solo “può”, ma “deve” essere definito genocidio. E sottolineo che la comunità internazionale deve fare il suo dovere per salvare quello che ancora è salvabile, garantire la sicurezza dei cristiani e difendere i loro diritti.
Perché è un genocidio?
Perché le nostre terre sono state sequestrate; perché le nostre case sono state segnalate con la lettera N/ن per etichettare la nostra identità cristiana; perché, dopo aver apposto questa etichetta, la proprietà delle nostre case è stata trasferta allo Stato Islamico, dopo che sotto la lettera N/ن: è stato scritto “Proprietà dello stato islamico”. È un genocidio perché le nostre chiese – fra le quali chiese monumentali che risalgono ai primi secoli - nel migliore dei casi sono state trasformate in moschee; in altri casi sono state distrutte, per usufruire dello spazio come parcheggio, o usate come caserme per i militati terroristi, o come luoghi in cui vengono vendute e violentate le donne rapite e trattate come schiave! Ancora: è un genocidio perché molti dei nostri fedeli fra loro vescovi, sacerdoti, seminaristi, monaci, suore, e molti laici sono stati attaccati nelle chiese da kamikaze mentre pregavano per la pace; altri sono stati rapiti e uccisi barbaramente, o rapiti e torturati e poi liberati dietro un riscatto altissimo; altri uccisi solo perché portavano la croce sul petto o nelle proprie machine; altri uccisi semplicemente per la loro identità cristiana.
I cristiani sradicati dalle loro terre…
C’è un serio tentativo di cancellare tutto quello che ci lega come cristiani e come minoranza religiosa e etnica alla nostra terra: lingua, identità religiosa; luoghi di culto, proprietà, tradizioni, cultura, teologia, liturgia, monumenti, manoscritti. I cristiani in Iraq erano più di 1 milione prima della seconda guerra del Golfo: oggi ne sono rimasti 300 mila, e circa la metà di questi sono profughi all’interno del Paese.