Roma , venerdì, 21. aprile, 2017 17:00 (ACI Stampa).
Il paziente avrà il diritto di abbandonare le terapie, il medico potrà rifiutarsi di staccare la spina. Ma non gli ospedali cattolici. Così, l’obiezione di coscienza della legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, che oggi viene inviata al Senato, diventa un’arma a doppio taglio per gli ospedali cattolici.
Ma che la legge avesse un impianto contestabile lo aveva segnalato il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in apertura dell’ultimo Consiglio Permanente. “La legge sul fine vita – aveva detto il Cardinale Bagnasco - è lontana da un'impostazione personalistica; è, piuttosto, radicalmente individualistica, adatta a un individuo che si interpreta a prescindere dalle relazioni, padrone assoluto di una vita che non si è dato".
Le reazioni delle associazioni cattoliche non si sono fatte attendere. Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita, sottolinea che si tratta di una legge che “malgrado le pie intenzioni di alcune anime belle, introduce nei fatti il suicidio assistito e l’eutanasia omissiva da sospensione di idratazione e nutrizione anche quando non costituiscono trattamento di una specifica patologia. Alla prima applicazione, vedendo morire in modo molto disumano un paziente per denutrizione e disidratazione, sarà difficile constatare la maggiore umanità di una fiala letale. Per questo si tratta di una legge grimaldello per forzare l’ordinamento giuridico italiano, non a caso prevedendo esenzioni per i reati di istigazione al suicidio e omicidio del consenziente, oggi puniti dal Codice penale”.
Alberto Gambino, presidente dell’Associazione Scienza & Vita, mette in luce che “le cure e l’assistenza sanitaria costano, e alcune strutture cinicamente potrebbero assecondare i desideri mal posti e fatti magari in un momento di sconforto del paziente prendendoli come autodeterminazione assoluta. In altri ordinamenti prima dell’autodeterminazione c’è la dignità della persona. Se qualcuno vuole fare delle cose che vanno contro il proprio essere e contro la propria dignità questi ordinamenti non le assecondano”.
Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Promotore del Family Day, ha definito la legge "inutile ed iniqua”, dato che “una persona privata di idratazione e alimentazione non muore di malattia ma di fame e di sete. Il fatto che non sia fissato il momento e lo stato di salute in cui sarà possibile sospendere questi sostegni vitali rende ancora più evidente che stiamo parlando di vera e propria eutanasia. Accompagnare alla morte senza accanimento e sofferenze è ben altra cosa.”