Ed ecco le parole chiave che propone il Papa: accogliere, il contrario del rifiuto: “Di fronte a questa indole del rifiuto, radicata in ultima analisi nell’egoismo e amplificata da demagogie populistiche, urge un cambio di atteggiamento, per superare l’indifferenza e anteporre ai timori un generoso atteggiamento di accoglienza verso coloro che bussano alle nostre porte”.
E poi: proteggere. Cita Benedetto XVI il Papa che “ha evidenziato che l’esperienza migratoria rende spesso le persone più vulnerabili allo sfruttamento, all’abuso e alla violenza”. E “proteggere questi fratelli e sorelle è un imperativo morale da tradurre adottando strumenti giuridici, internazionali e nazionali, chiari e pertinenti; compiendo scelte politiche giuste e lungimiranti; prediligendo processi costruttivi, forse più lenti, ai ritorni di consenso nell’immediato; attuando programmi tempestivi e umanizzanti nella lotta contro i “trafficanti di carne umana” che lucrano sulle sventure altrui; coordinando gli sforzi di tutti gli attori, tra i quali, potete starne certi, ci sarà sempre la Chiesa”.
E ancora: promuovere. Perché “lo sviluppo, secondo la dottrina sociale della Chiesa, è un diritto innegabile di ogni essere umano”. E quindi “la promozione umana dei migranti e delle loro famiglie comincia dalle comunità di origine, là dove deve essere garantito, assieme al diritto di poter migrare, anche il diritto di non dover emigrare”. E integrare. Anche perché “l’integrazione, che non è né assimilazione né incorporazione, è un processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell’altro: non è appiattimento di una cultura sull’altra, e nemmeno isolamento reciproco, con il rischio di nefaste quanto pericolose “ghettizzazioni””.
Il Papa torna sulla inaccettabilità delle diseguaglianze e della necessità della condivisione “ispirata ai dettami della giustizia distributiva” perché “non può un gruppetto di individui controllare le risorse di mezzo mondo. Non possono persone e popoli interi aver diritto a raccogliere solo le briciole”.
E si tratta di un un dovere di civiltà alla luce della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e, dice il Papa “oggi più che mai è necessario riaffermare la centralità della persona umana, senza permettere che condizioni contingenti e accessorie, come anche il pur necessario adempimento di requisiti burocratici o amministrativi, ne offuschino l’essenziale dignità”. E “La fraternità è il modo più civile di rapportarsi con la presenza dell’altro, la quale non minaccia, ma interroga, riafferma e arricchisce la nostra identità individuale”.
E infine c’è il dovere della solidarietà che “nasce proprio dalla capacità di comprendere i bisogni del fratello e della sorella in difficoltà e di farsene carico. Su questo, in sostanza, si fonda il valore sacro dell’ospitalità, presente nelle tradizioni religiose. Per noi cristiani, l’ospitalità offerta al forestiero bisognoso di riparo è offerta a Gesù Cristo stesso, immedesimatosi nello straniero” ed è “dovere di solidarietà contrastare la cultura dello scarto e nutrire maggiore attenzione per i più deboli, poveri e vulnerabili”.
Un attenzione speciale il Papa la rivolge ai bambini e agli adolescenti “che sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari”.
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